Come trasformare un errore in un successo

Come trasformare un errore in un successo

Come trasformare un errore in un successo? Perché è così divertente avere ragione?

Probabilmente non possiamo classificare l’esperienza di avere ragione tra i piaceri di primo ordine, come gustare un piatto che ci piace tantissimo, un viaggio in una località esotica oppure vincere la Champions League di calcio. Tuttavia quando abbiamo ragione riceviamo una certa gratificazione, proviamo una sensazione di piacere, il nostro ego aumenta e ci sentiamo soddisfatti.

Presso Horsa Group, Guido D’Acuti, uno dei collaboratori di Train de Vie Factory, ha iniziato lo smart lunch su Come trasformare un errore in un successo proprio con questa domanda provocatoria. L’idea di base dello speech si basava sul presupposto di cercare di rendere l’esperienza dell’errore come un momento di crescita personale: l’errore non è solamente una mancanza, anzi può diventare uno spunto di crescita e cambiamento.

L’errore nella nostra cultura

Pur disprezzando l’errore, la nostra cultura lo pone in primo piano come un aspetto cruciale e fondamentale della nostra società. La tendenza è quella a considerare gli errori come qualcosa che non ci appartiene, sono gli altri a sbagliare non siamo noi. Noi li minimizziamo, li evitiamo, cerchiamo di prenderne le distanze. Benjamin Franklin definiva l’errore come qualcosa verso cui non provare imbarazzo:

è una finestra sulla natura umana in quanto tale: sulla prodigalità del nostro spirito

Questa visione ci apre la possibilità di considerare l’errore come qualcosa di cruciale per la cognizione umana, un’opportunità per modificare i nostri modi di percepire la realtà, nei confronti di noi stessi, degli altri e del mondo, un vero e proprio rapporto più intimo con la nostra fallibilità.

Lo smart lunch ha posto l’attenzione sulla possibilità di iniziare a spostare la nostra visione da un’ottica puramente pessimistica ad una ottimistica, nella quale l’errore diventa un vantaggio, una scoperta che favorisce il processo di cambiamento personale. Il paradosso che per eliminare l’errore dobbiamo essere infallibili rende molto l’idea dell’impossibilità di liberarci dei nostri errori, dunque non possiamo che conviverci e considerare l’errore in un’ottica di crescita.

Come costruiamo gli errori

Per parlare di errore dobbiamo fare riferimento all’idea di consapevolezza. Dare una definizione di consapevolezza significa affrontare un concetto molto controverso: l’autoinganno. Nella tradizione filosofica logico-razionale l’autoinganno veniva definito come qualcosa da evitare come se fosse un “demone”, perché poteva rendere sbagliata la nostra percezione della realtà. In realtà l’autoinganno è la tendenza ad identificare la realtà con i nostri desideri; l’autoinganno ci permette di costruire quelle credenze e quelle rappresentazioni con le quali leggiamo il mondo e la realtà che ci circonda. L’autoinganno a volte può anche essere funzionale e guidarci verso le migliori modalità di azione. Ad esempio se sono convinto di essere il migliore in una determinata attività mi comporterò proprio come se lo fossi, portando a termine i compiti con successo, anche se non è detto che io sia realmente il “primus inter pares”. L’autoinganno è una credenza così potente che ci spinge effettivamente ad essere il migliore se crediamo di esserlo.

Ovviamente così come può essere funzionale, l’autoinganno può diventare anche disfunzionale e farci scivolare nella trappola in cui non vi è consapevolezza cosciente e l’errore ci aspetta dietro l’angolo. Ne è un esempio il manager che ha utilizzato con successo la modalità comportamentale del controllo per gestire ogni situazione in una fase preliminare della sua carriera. Alla lunga il controllo esercitato ad esempio nei confronti dei collaboratori o su ogni progetto non potrà essere mantenuto su ogni dettaglio e di conseguenza egli rischierà di perdere completamente il controllo della situazione. L’autoinganno agisce in questo caso come una modalità disfunzionale di percezione e di reazione nei confronti della realtà, con il conseguente rischio di fallimento lavorativo. L’autoinganno disfunzionale può essere ritrasformato in funzionale attraverso un percorso di consapevolezza e di cambiamento. Nel nostro caso, ad esempio, il manager avrebbe potuto esercitare una maggiore delega di responsabilità verso i propri collaboratori, riservando a se stesso quella funzione di controllo propria del ruolo.

Un’esperienza reale

Attraverso il contributo di Gianpaolo Spina, client manager presso Horsa, abbiamo potuto verificare in concreto cosa vuol dire sbagliare. Un progetto che non è andato a buon fine ha favorito riflessioni inaspettate, a volte si può anche perdere un cliente ma se questo ci permette di crescere a livello personale e di organizzazione l’errore si trasforma in un’opportunità preziosa. E’ la stessa saggezza popolare ad affermare che bisogna far tesoro dei propri errori

Come sosteneva Carl Gustav Jung: “Chi evita l’errore elude la vita”.

Conclusioni

Lo speech sull’errore condotto presso Horsa ha registrato una discreta interazione da parte dei partecipanti che durante la discussione finale hanno messo in evidenza alcuni concetti fondamentali. In primo luogo l’importanza di sostenere chi sbaglia, perché ci permette di vedere una realtà che non ci saremmo aspettati, permette al team di fermarsi e ragionare sull’errore, ritarando in maniera opportuna il progetto o l’intervento. L’errore diventa un momento cruciale di riflessione che favorisce lo scambio ed il confronto nel gruppo di lavoro. Infine un partecipante consiglia di guardare all’esperto come colui che ha già sbagliato moltissime volte e proprio per tale motivo è diventato esperto!

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